Nel palazzo della Stasi

Vista dal palazzo della Stasi.

Carissimi,
in questi giorni sono assalita dai ricordi e così vorrei raccontarvi dei mio primo periodo a Praga.
Quando mi trasferii a Praga, nel remoto maggio del 2010, il mio futuro capo mi propose un alloggio provvisorio per i primi giorni. Ovviamente accettai subito: non conoscevo la città e non parlavo una parola di ceco. Per giunta una persona che aveva lavorato nello stesso posto a Praga mi aveva detto che gli ospiti venivano alloggiati in un residence. “Benissimo”, pensavo, “cosa c’è di meglio per una celiaca di una stanza con angolo cottura?”

E così al mio arrivo a Praga vennero a prendermi alla stazione il mio futuro capo e un collega. Mi fecero salire su un tram con destinazione sconosciuta.
Dopo un viaggio che non finiva più, arrivammo al capolinea, nella più remota periferia praghese. E ci ritrovammo davanti alla mia nuova residenza: un palazzone in stile socialismo reale. Sembrava davvero il palazzo della Stasi (ovvero i servizi segreti della Germania Est).
L’interno confermava l’impressione esterna: moquette verde oliva ammuffita dagli anni ’60, muri marroncini e arredamento in stile prima della rivoluzione. Alla reception delle vecchiette che parlavano solo in ceco. “Se devo chiedere un’informazione, sto fresca” pensavo.
Nel frattempo le vecchiette discutevano con il mio capo in ceco stretto.
Il mio capo mi disse: “Bisogna pagare il soggiorno adesso, in anticipo.”
“Ok” dissi.
Il mio capo: “Si tratta di un mese di soggiorno…”
Io: “Ohibó, ma io qua mica ci resto un mese”, dissi guardandomi intorno angosciata, “Massimo massimo due settimane, finché non trovo casa …”
Altra discussione con le vecchiette…
Il mio capo: “Purtroppo la prassi è questa, ma se resta di meno poi le restituiscono i soldi”.
“Boh, speriamo”, pensai. E, messa alle strette, pagai alle avide vecchiette che sognavano di giocarsi tutto alla tombola.

Salimmo poi a vedere la mia camera. Ragazzi, che lusso. La porta del bagno era tutta scrostata. La moquette sporca. Il bastone delle tende cadente. Sul materasso giaceva una coperta grigiastra tutta consumata. Una roba che a confronto la cella del Conte di Montecristo sembrava una suite del Grand Hotel.
Il mio capo entrando impallidì e disse mortificato: “Ci avevano detto che era carino qua…”
Io: “No, no, va bene…” mentre una lacrimuccia mi scendeva sulla guancia. Dove potevo andare ormai così tardi, da quel luogo in capo al mondo e con quel valigione pesantissimo?
In quel momento mi accorsi che non c’erano neanche le lenzuola. Lo dissi al mio capo.
Lui: “Vado alla reception. Di sicuro si possono affittare.”
Io: “Per favore chieda anche una coperta.”
Dopo un po’ tornò con le lenzuola, ma senza la coperta: “La signora della reception ha detto che c’è caldo e che non c’è bisogno di coperta.”
Io: “Veramente la coperta mi serviva per oscurare la finestra, visto che non ci sono tende…”
Il mio capo: “Ah”.
Io: “Ora che ci penso non ho neanche asciugamani. Bisognerebbe chiedere anche quelli alla reception.”
Il mio collega: “Lasci perdere. Non mi fiderei più di tanto di queste signore della reception. È meglio se gli asciugamani li compra nel centro commerciale qua vicino.”
E così andammo al centro commerciale. Cenammo in un sedicente ristorante italiano dove riuscii a rimediare un insalata. Andai poi in un ipermercato, dove, dopo lunghe e penose ricerche con il personale che non parlava inglese, trovai degli asciugamani.
Tornai infine nella mia stanza.
Quella notte piansi perché mi sentivo sola e impaurita.
Poi mi addormentai di un sonno breve e tormentato.

* * *

L’indomani mattina avevo un problema.
Come asciugarmi dopo la doccia?
Non so voi, ma quando io compro degli asciugamani, prima di usarli li lavo. Questi erano particolarmente impregnati delle polveri della fabbrica e, soprattutto, di quelle dell’ipermercato, dove erano esposti senza alcuna protezione. Sinceramente non me la sentivo di asciugarmi con quelli.
Come ho fatto secondo voi?
Mi è venuta una grande idea: mi sono asciugata con lo Scottex.
E così, mentre mi asciugavo con lo Scottex davanti allo specchio del bagno, mi veniva da ridere: “Possibile che mi sia ridotta così? Ad asciugarmi con lo Scottex dopo la doccia?”
Avevo però un altro problema: come asciugarmi i capelli?
Chi mi conosce sa che con la mia capigliatura non basterebbero dieci rotoli di Scottex. Come ho fatto secondo voi?
Molto semplice: ho steso l’asciugamano grande sul letto, l’ho tutto foderato con lo Scottex e me lo sono avvolto in testa.
E così, tutta pulita e profumata e rinfrancata dal mio spirito di adattamento (mi sentivo una Robinson Crusoe in gonnella), sono andata al lavoro.
Dopo un’odissea di un’ora in tram eccomi al mio posto di lavoro: fantastico, con gran vista sulla Moldava e sul Castello di Praga.
Busso nell’ufficio del mio capo ed entro.
Secondo voi, come vi accoglierebbe un capo il vostro primo giorno di lavoro? Probabilmente così: “Ma prego venga, benvenuta. Ora le faccio vedere gli uffici, la presento ai colleghi etc, etc.”
Invece il mio capo si alzò costernato, sollevò le braccia imploranti verso di me e mi disse:
“Troveremo un altro alloggio per lei!”

FINE PRIMA PARTE

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5 Replies to “Nel palazzo della Stasi”

  1. Oh mamma, spero che il giorno dopo ti abbiano trovato un’altra sistemazione, attendo il seguito del racconto!!
    Ciao :-):-)

  2. Ciao Marany,
    che bello risentirti! 🙂
    Saprete tutto nella prossima puntata. 😉
    Un bacio,
    Maria Paola

  3. BENTORNATA !!!!!!!!
    Io ho avuto una esperienza simile in un albergo (se cosi si puo’ chiamare) in Germania !!!!!
    Fortunatamente non ho mai fatto trasferte molto lunghe 🙂

  4. mi ha fatto moltissimo piacere rileggerti 🙂 🙂
    spero che in questo momento tu sia in una parte di mondo confortevole!
    aspetto prossima puntata! 🙂

  5. Grazie, Matteo!
    Cara Marany, si, sono in una parte di mondo confortevole. Basta leggere qua. Inoltre il riscaldamento ora funziona. 🙂
    Un abbraccio,
    Maria Paola

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