Nel palazzo della Stasi: seconda parte

Elezioni politiche in Repubblica Ceca, maggio 2010. Secondo voi chi ha messo il cartello: il tizio a destra o quello a sinistra?

(CONTINUA DALLA PRIMA PARTE)

Rimasi in quel posto per due settimane.

Avevo rassettato la stanza e mi ero sistemata alla bella meglio. Alla fin fine mi scocciava traslocare di nuovo, magari in un posto con altri problemi, prima di trovare la sistemazione definitiva. “Meglio che mi sbrighi a trovarla” pensavo.

Rimaneva il problema celiaco numero uno: mangiare.
Nel mio piano c’era un cucina, ma aveva solo il lavello. Quella al piano di sopra aveva anche due piastre, ma di pentole neanche l’ombra. E così mi rassegnai a mangiare solo roba che non aveva bisogno di essere cucinata: prosciutto, scatolette di tonno e di salmone, insalata etc.
Nel mio piano c’era un frigo in comune. La prima volta che lo aprii, pensai subito:
“Poffarbacco, ma qui abitano dei grandi scienziati! Guarda quanti begli esperimenti con colture batteriche e fior fiori di muffe!” Inoltre in fondo c’era un blocco di ghiaccio che neanche l’iceberg del Titanic…
Morale della favola: compravo solo porzioni singole, rigorosamente sigillate. Così non dovevo lasciare niente di aperto nel frigo.
Per questo motivo mangiavo sempre quei formaggini Babybell avvolti nella cera. Dopo due settimane non potevo più vederli.

Intanto i giorni passavano e, doccia dopo doccia, stavo finendo lo Scottex. “Bisogna che lavi questi benedetti asciugamani” pensavo.
Così una sera andai alla reception e dissi “Pračka!”, che, come si intuisce dalla parola stessa, vuol dire lavatrice. La signora mi portò in uno stanzino dove c’era una lavatrice e mi spiegò che si pagava un tanto all’ora.
Benissimo, solo che io non avevo detersivo. Al supermercato avevano solo pacchi da cinque chili, e io non volevo appesantire i bagagli in vista del trasferimento.
Come ho risolto? Semplice: avevo un sapone da bucato e con un coltello ne grattuggiai un po’ nel cassetto della lavatrice. Gli asciugamani poi vennero benissimo, profumatissimi!
Quando misi gli asciugamani a lavare era un po’ tardi e mi sarebbe piaciuto andare a letto. Visto che dovevo aspettare la lavatrice, mi misi invece a fare alcune cosette e poi telefonai ai miei con Skype. Ad un certo punto dissi ai miei “Oh, è già passata un’ora. Vi lascio, devo ritirare gli asciugamani dalla lavatrice, altrimenti mi fanno pagare un’ora in più.” Così salii nello stanzino. Ma la lavatrice non aveva finito.
Tornai dopo mezz’ora: non aveva finito.
Tornai dopo un’ora: non aveva ancora finito.
Avevo un sonno pazzesco, ma dovevo aspettare gli asciugamani.
Tornai dopo un’ora e mezza: la lavatrice sballottava che era una meraviglia.
Finì dopo due ore e quarantacinque minuti. Alla reception mi fecero pagare tre ore.
L’indomani al lavoro ero uno straccio. Il mio capo, molto premuroso, venne a chiedermi come stavo e se riposavo bene. Gli raccontai la storia della lavatrice e che, per quel motivo, ero dovuta andare a letto molto tardi. Potete immaginare come si sentì udendo queste cose!

Nel frattempo era rinfrescato e i plaid che avevo comprato il primo giorno non mi bastavano più. Pertanto tornai nel famigerato centro commerciale a comprare un coperta più grossa.
E così, uscita dal centro commerciale, aspettavo il tram in mezzo a una grande strada di periferia. Con una mano tenevo la coperta e con l’altra le buste della spesa. Intorno a me cartelloni giganteschi di propaganda elettorale, raffiguranti dei loschi personaggi e scritti in una lingua incomprensibile.
In quel momento pensai:
Dove sono? E cosa ci faccio qui?

FINE SECONDA PARTE

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2 Replies to “Nel palazzo della Stasi: seconda parte”

  1. due settimane???? poverina!!!! non credo che sarei sopravvissuta, complimenti….
    abbraccio!
    marany

  2. Ciao Marany,
    ebbene sí, due settimane, ma poi finalmente mi sono trasferita in una bella casa in centro a Praga!
    Un abbraccio anche a te! 🙂
    Maria Paola

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